A spasso con Fido

Sabato pomeriggio al parco: decisamente il momento della settimana che preferisco. Forse il momento della mia vita che preferisco, a parte l’ora dei grattini sulla pancia: i grattini sulla pancia non hanno rivali.

Adoro andare lì, passeggiare in mezzo al bosco, pestare pigne spiaccicate dalle scarpe dei passanti, appoggiare le zampe sui ciottoli rotondi del sentiero, bere dalla fontanella quell’acqua così fresca!

Ma il vero motivo per cui andare al parco è così bello è per il grosso recinto dei cani che si trova nella parte più a Nord: è un recinto di legno grezzo che forma un quadrato piuttosto ampio, all’interno del quale i cani sono liberi di giocare e rincorrersi, senza guinzaglio.

La maggior parte dei miei amici li ho conosciuti lì, e ogni sabato pomeriggio ci diamo appuntamento.

Lì dentro corriamo tutti spensierati: non penso più ai nuovi croccantini di una pessima sottomarca che mi ha regalato il mio padrone tirchio, e le tirate di coda che mi dà il nipotino dei padroni non fanno più male. Sono in pace e mi muovo nello spazio con leggiadria, senza preoccuparmi di cosa accade intorno a me: all’interno del recinto sono al sicuro.

Dopo un po’, la padrona fischia e mi richiama all’ordine: si torna a casa.

“Adesso ci calmiamo, eh Rolly?”

Mi faccio riagganciare il guinzaglio al collare da cui pende la piastrina con inciso il mio nome, saluto tutti e la seguo con il cuore ancora a mille.

Mentre usciamo dal parco sento il pelo che si drizza leggermente, fiuto pericolo nell’aria, ogni muscolo del mio corpo sta all’erta: ci stiamo avvicinando alla strada.

Quel fiume grigio e freddo non è altro che un passaggio da attraversare, zampa dopo zampa, per arrivare a casa. Tuttavia, la padrona mi insegna, bisogna stare sempre attenti in strada: è uno di quei posti in cui tutto va bene, finchè qualcosa non va male.

La prima volta che la mia padrona si fermò sul marciapiede davanti alle strisce bianche e girò la testa a destra e a sinistra, mi chiesi cosa stesse facendo: pensai che stesse aspettando qualcuno e, con lo sguardo, cercasse di scorgere da dove arrivasse.

Presto mi resi conto, invece, che aspettava qualcosa: una luce verde, il via libera, il segnale per poter attraversare la strada, mentre tutte le macchine stavano ferme, con il semaforo rosso.

Ma lei guardava comunque di continuo a destra e a sinistra, per controllare che nessun’automobile impazzisse e prendesse ad avanzare: e ce ne sono di macchine dispettose in giro, oh se ce ne sono!

Ne ho visti andare giù come sacchi di patate, stirati come le camicie sul ferro da stiro: Chuck, Ralph, Fido, Bob, persino Zuccherino!

Ma la macchina è una sciagura che non colpisce solo i cani: una sera d’estate, proprio davanti a casa, quando il mio padrone mi stava portando fuori per l’ultima pipì prima della nanna, abbiamo sentito un forte rumore stridulo: erano le ruote che sgommavano sull’asfalto. Un’auto rossa sfrecciava a tutta velocità in pieno centro città, dove il limite di velocità è fissato a 30 km/h.

Mi è dispiaciuto tanto, anche se odiavo la puzza della sua pipì, la puzza dei suoi croccantini, i peli che sputava per tutto il cortile… l’impatto con il gatto è stato impressionante. Ho visto Romeo volare fino alla luna e tornare a terra, schiantandosi sul cemento. Non c’è stato nulla da fare. Ha lasciato una moglie e 3 cuccioli: inutile dirlo, la mia padrona si è portata in casa moglie e figlia e per me è iniziato l’inferno… ma questa è un’altra storia.

Ricordo una donna bionda, le abbaio tutte le volte che la vedo, anche in lontananza.

Era una domenica pomeriggio e io e la mia padrona eravamo usciti per una corsetta, poco dopo Pasqua: c’erano un sacco di uova di cioccolato da smaltire! Vedevo arrivare da lontanto Zuccherino, una piccola Yorkshire sempre piena di fiocchetti rosa. Mi preparai a salutarla, iniziai a scodinzolare mentre correvo. Ma all’improvviso, dal cancello di una villa che dava sulla pista ciclabile dove stavamo, una macchina scura uscì in retromarcia ad una velocità folle, senza guardare dietro.

La poverina ci lasciò i fiocchetti.

La donna alla guida scese sconvolta a scusarsi con la padrona della cagnolina, ma ormai Zuccherino non c’era più. Ringhiai e abbaiai come mai prima e ogni volta che vedo quella donna per la città il mio istinto mi porta ad essere aggressivo: non glielo perdonerò mai.

Eppure basterebbe poco: andare più piano e prestare più attenzione. Le due cose, spesso, sono una conseguenza dell’altra.

Il mio padrone ha una guida un po’ più sportiva: a volte, fermo al semaforo, preme sull’acceleratore per partire prima della macchina a fianco.

Puntualmente la padrona lo rimprovera: “Gianni, finiscila! Non è una gara, segui la strada per favore:”

Preferisco andare in macchina con lei: guida in modo più morbido e soprattutto, apre il finsetrino e lascia che il venticello mi arrivi sul muso, facendomi sventolare le orecchie. Senza correre, poi, abbiamo modo di vedere il paesaggio che attraversiamo e, non lo negherò, più di una volta ho scorto delle belle cagnoline a spasso; se avessimo viaggiato velocemente, non sarei stato in grado nemmeno di delineare la loro sagoma, sarebbero passate dal finestrino come macchie di colore indefinite.

Dopo il parco, siamo andati a prendere il piccolo Stefano e la piccola Lucia a casa di un’amichetta di scuola che compieva gli anni.

Mentre aspettavo l’arrivo dei nipotini, avevo visto un papà , come noi in attesa, attraversare di corsa per andare a comprare le sigarette al tabaccaio all’angolo.

Non era sulle strisce ed il semaforo era rosso per i pedoni, per di più arrivava un furgoncino ad una velocità moderata che fu costretto a inchiodare per evitare un incidente.

Stavolta la persona alla guida era stata prudente, ma quel papà non aveva rispettato nessuna regola del codice stradale, nè di buon senso, mettendo a repentaglio la proria vita e quella dell’autista.

L’uomo ha stabilito delle regole per far sì che in strada si possa andare senza rischiare ogni volta la vita: ha scritto dei cartelli, ha imposto dei limiti di velocità per far andare più piano le autovetture, per dare a tutti – autisti, pedoni, cani, gatti, adulti, bambini – il tempo necessario per poter valutare le circostanze ed agire senza farsi male. Ha inventato dei codici in cui ad ogni colore corrisponde un ordine: vai (verde), rallenta (giallo), fermati (rosso).

Ha costruito le automobili in modo da renderle più sicure: ha messo cinture di sicurezza e dei palloni giganteschi che si gonfiano per evitare di farti prendere brutti colpi in caso di incidente. Ha dotato le auto di luci per segnalare la propria presenza anche quando è buio, o quando c’è nebbia ed è tutto bianco, e di frecce per far capire a tutti gli altri che sono in strada con noi da che parte vogliamo andare.

Ma ancora c’è qualcuno che non rispetta le regole, che sembra non aver capito cosa è giusto e cosa è sbagliato… qualcuno dovrà pure insegnarglielo!

Non gli abbaiai contro… ma, una volta individuata l’auto di sua proprietà, alzai la zampa sul suo cerchione.

 

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